Parte 1: Le nuove possibilità di risoluzione delle crisi aziendali.
A partire dal 15 novembre 2021 sono in vigore gli articoli 2 e 3, commi 6, 7, 8 e 9, e gli articoli da 4 a 19 del DL 118/20211, come modificato dalla legge di conversione n. 147 del successivo 21 ottobre.
Tali norme istituiscono e regolano l’istituto della composizione negoziata, che le imprese in crisi possono adire su base volontaria.
Il “documento allegato al decreto dirigenziale direttore generale degli affari interni 28 settembre 2021”2 (di seguito: “Allegato al DD”) ai primi paragrafi della sezione II3 testualmente recita: “È utile, anche se non imprescindibile, che l’imprenditore, nel momento in cui decide di intraprendere il percorso di risanamento, abbia già redatto un piano. In ogni caso occorre che lo rediga, in tempi brevi, nel corso della composizione negoziata per individuare le proposte da formulare alle parti interessate e la soluzione idonea per il superamento della crisi.”
Riteniamo che qualsiasi commercialista dovrebbe essere in grado di redigere un Piano d’impresa; tuttavia, ci sono alcuni aspetti sui quali è opportuno riflettere.
La normativa.
La normativa sulla crisi d’impresa ha visto susseguirsi numerose riforme che hanno introdotto istituti complessi, affiancati oltretutto da aspetti di responsabilità civili e penali, fino all’ultima novità della composizione negoziata: gli strumenti normativi sono oggi caratterizzati da una logica completamente nuova, gli operatori professionali nel settore hanno avuto un termine brevissimo per farla propria, e per acquisire i titoli necessari per operare.
Si potrebbe interpretare questa svolta come un assist a favore di quei professionisti che, non avendo esperienza pregressa, potranno dedicarsi a questa materia con maggior facilità, poiché la nuova procedura costituisce per tutti un terreno ancora inesplorato; ovvero come un azzeramento del valore aggiunto che la conoscenza e l’esperienza potevano fornire agli operatori tradizionalmente già specializzati.
Questa risposta è semplicistica, ed espone l’impresa (ed il suo consulente) a rischi di una certa portata.
Si consideri che il sistema disegnato dal DL 118 non abroga la normativa precedente, che rimane pienamente in vigore, con lo spettro delle ulteriori modifiche contenute nel Codice della crisi e dell’insolvenza che entreranno in vigore il 16 maggio 2022 (salvo ulteriore proroga e al netto della bozza di DLgs di ulteriore riforma oggi allo studio).
Indirizzare l’impresa su un percorso di composizione negoziata, senza avere pari grado di conoscenza delle procedure – alternative – esistenti, e delle loro già programmate integrazioni e modifiche, costituisce a nostro avviso una insostenibile “leggerezza” professionale, che può sottrarre opportunità di migliore soluzione all’impresa stessa, e maggiori soddisfazioni personali al consulente4.
Il tempo.
L’obiettivo di specializzarsi nell’ambito della crisi, anche limitatamente al Piano previsto nei testi normativi già citati, richiede un impegno di tempo non indifferente, in quanto implica studio – ed aggiornamento – su una pluralità di questioni professionali.
Occorre, come si è appena esposto, acquisire una padronanza dell’ambito giuridico a 360 gradi.
Occorre avere, o acquisire, gli strumenti concettuali generalmente indispensabili alla redazione di un Piano d’impresa.
Occorre, poi, saper declinare quegli strumenti nelle specifiche situazioni – giuridiche – previste nelle varie procedure5.
Pur trattandosi di problematiche e competenze tipiche dei commercialisti, esse implicano una serie di tempistiche e di scadenze, anche non programmabili6, che all’atto pratico comportano una attività di organizzazione delle risorse – in primis il tempo a disposizione – di difficile attuazione in presenza del contemporaneo esercizio delle ordinarie attività professionali, quali l’assistenza contabile e fiscale, e delle scadenze che queste ultime comportano.
Gli strumenti.
Ogni professionista è quotidianamente destinatario di offerte commerciali, relative ad applicativi, software, moduli aggiuntivi del proprio gestionale, fogli excel.
Nelle promesse dei venditori, tali strumenti consentono di svolgere direttamente qualsiasi tipo di adempimento, in maniera più o meno integrata con i dati già a disposizione, e ciò in alcuni casi è anche vero.
Gli strumenti messi a disposizione per la fatturazione elettronica, per esempio, hanno effettivamente aiutato il commercialista che già redigeva le fatture per conto del cliente.
Anche la piattaforma di gestione delle procedure fallimentari ed esecutive, di una nota software house che opera in regime di quasi monopolio, in convenzione con la stragrande maggioranza dei tribunali italiani, si è dimostrata uno strumento informatico di successo.
Ma se analizziamo i software gestionali di studio universalmente adottati per contabilità, bilancio ed adempimenti fiscali, abbiamo già opinioni diverse sulla loro funzionalità: alcuni sono generalmente reputati di ottimo livello, altri raccolgono giudizi discordanti, altri ancora sono più frequentemente additati come scarsamente funzionali.
Passando a strumenti software più specializzati, eccezion fatta per gli esempi sopra riportati, non sembrano esisterne di universalmente riconosciuti come risolutivi, di pronto e facile utilizzo, e magari anche con un buon rapporto qualità/prezzo.
Gli esempi di successo, a ben vedere, sono tali – oltre che per le loro caratteristiche intrinseche – perché l’utilizzatore è già un esperto di quella attività professionale.
Con riferimento agli strumenti proposti sul mercato in tema di redazione di piano d’impresa, anche il migliore di questi è utile al professionista solo nella misura in cui egli abbia: a) piena padronanza degli aspetti tecnici e giuridici della materia, b) tempo a disposizione per aggiornarsi e, aggiungeremmo, c) tempo o risorse per aggiornare il software ed esplorarlo nelle sue funzioni.
I costi.
Pochi professionisti conoscono il proprio margine di guadagno su ciascun cliente. Anche solo per categorie uniformi, di clienti o di prestazioni, pochissimi studi sono dotati di una contabilità analitica. Eppure, le prestazioni professionali tipiche sono relativamente poche e l’esperienza in merito è molto elevata, dato il grado di specializzazione che presenta uno studio di assistenza contabile e tributaria.
Iniziare una diversa ed ulteriore attività professionale, caratterizzata da fabbisogni di tempo e di risorse così elevate, implica un obiettivo di incremento del proprio margine, che per essere conseguito deve essere monitorato e gestito attentamente.
Se non siamo abituati a fare questo tipo di monitoraggio sull’attività che svolgiamo da sempre, non è fuori luogo riflettere su quanto ci “costerebbe” farlo – correttamente – su un’attività nuova e, come abbiamo visto, così complessa. Il rischio è di non essere in grado di richiedere il compenso adeguato, riducendo – anziché aumentare – il margine di guadagno sul cliente.
Quale sarebbe il prezzo da chiedere per quella tipologia particolare di piano aziendale, che comporta anche una valutazione ed un’opera intellettuale di natura giuridica, o tecnico-giuridica? Come potremmo determinarlo? In relazione alla concorrenza? Ma l’azienda è già nostro cliente, e si aspetta prezzi più bassi. Ipotizzando quantità e tipo di lavoro per svolgere un’attività sulla quale abbiamo poca o nessuna esperienza?
Gli errori più comuni sono, nell’ordine: a) acquisire l’incarico senza fissare un compenso7; ciò in genere si traduce in trattativa al ribasso nel caso in cui la prestazione sia particolarmente complessa, sconfinando nell’omaggio nel caso in cui la prestazione sia più semplice ed il cliente non percepisca fin dall’inizio l’importanza – per lui – del risultato perseguito; b) fissare un compenso senza piena cognizione dell’impiego di risorse e dell’assunzione di responsabilità che comporta; il che si traduce in un compenso basso, in un margine non congruo, ovvero in un impiego di tempo e risorse che avrebbero avuto maggiore resa in impieghi “tradizionali”; c) fissare un compenso troppo elevato, senza perciò la possibilità di giustificare la richiesta agli occhi del cliente, che si vede costretto a rifiutarla8.
Il prestigio e la soddisfazione personale.
Molti di noi, dopo anni di studi e di pratica, sono stanchi di essere impiegati di fatto dell’Agenzia delle Entrate o del Registro Imprese, per di più senza percepire uno stipendio.
Pur prendendo coscienza delle problematiche fin qui espresse, il professionista potrebbe ambire ad allargare la propria sfera di attività, estendendola a prestazioni caratterizzate da maggior contenuto concettuale e compensi. Ciò è talmente giusto che noi diremmo “dovrebbe”, non solo “potrebbe”.
In questa situazione, gli sforzi per superare gli ostacoli che abbiamo fin qui descritto vengono vissuti come investimenti. Di tempo, di energie, di risorse.
I nostri studi di economia ci insegnano che l’investimento è necessario, ma che esistono – e vanno utilizzate – tecniche e modalità per minimizzarlo, così da massimizzare il relativo rendimento.
Perché impiegare due ore per un’attività che ad un esperto ne richiede solo una? O, in altri termini, perché limitare il risultato di quelle due ore ad una sola prestazione, se c’è modo di farne – ed incassarne – due?
In quest’ottica, la mera adozione di un software non fa che peggiorare il risultato: la pratica, lo studio e l’aggiornamento, non sono limitate al nostro core business, ma si disperdono, per la necessità di applicarle anche ad uno strumento che, a rigore, non ci è necessario.
Conclusioni.
Volendo cogliere il nostro suggerimento, le alternative all’acquisto di un software per la redazione di un piano d’impresa – o di un servizio che sostanzialmente equivale ad un software – rimangono:
– organizzare tempo e risorse interne di studio, destinandole a tale attività, assumendosi un costo fisso più o meno elevato – da integrare comunque con l’acquisto di uno strumento – che è giustificabile solo in presenza di volumi di lavoro congrui;
– affidarsi ad un servizio esterno, un collega o una società di consulenza, strada che molti colleghi ritengono pericolosa per la necessità di mettere il proprio cliente in contatto con un potenziale concorrente; inoltre, occorre pensare alla caratteristica di specificità che il piano aziendale deve avere: un soggetto esterno potrebbe avere competenze nella redazione di un piano per finalità di risanamento, ma non necessariamente per redigerlo in forma idonea ad altri scopi, quali un’operazione straordinaria, o per la gestione dei rapporti con il sistema finanziario9 o, infine, per finalità di ordinaria gestione dell’impresa10. Ciò implicherebbe la necessità di dotarsi di una pluralità di “fornitori”, con immaginabili conseguenze sulle ricadute pratiche per la gestione del nostro studio e, perché no, l’aumento della probabilità che uno di essi diventi effettivamente un concorrente, soffiandoci il cliente.
Nei prossimi interventi affronteremo le problematiche tecniche e giuridiche specifiche di alcuni casi.
Intanto, se vuoi, approfondisci i termini e le condizioni del nostro servizio: una soluzione per affrancare il tuo studio dalle problematiche dei tuoi clienti, a costi definiti, senza il rischio di concorrenza, con la possibilità di fare esperienza partecipando attivamente alla sua predisposizione.
a cura del Dr. Gianluca Giambenedetti
1 Recante “misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia”.
2 Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, previsto dal decreto legge 24 agosto 2021 n. 118.
3 “Check-list (lista di controllo) particolareggiata per la redazione del piano di risanamento e per la analisi della sua coerenza”.
4 Volendo tacere poi degli aspetti di natura deontologica e di responsabilità professionale.
5 Si pensi, ad esempio, alle diverse categorie nelle quali si possono classificare i debiti esistenti alla data “spartiacque”: prededucibili, privilegiati – nei vari gradi previsti dalle diverse normative – e chirografi, in procedure liquidatorie; oppure strategici e non – all’interno di quelle precedenti – in procedure in continuità; oppure, ancora, nelle diverse tipologie previste dal documento allegato al decreto dirigenziale, ad esempio, al punto numero 2 della sezione I.
6 V. ad es.: punto 4.3, sezione III del documento allegato al decreto dirigenziale: “Ove l’esperto ravvisi carenze o incongruenze della situazione contabile di partenza e del piano di risanamento che è necessario correggere, segnalerà all’imprenditore l’esigenza che l’intervento correttivo avvenga in tempi rapidi”.
7 Il che costituisce anche una violazione della deontologia professionale.
8 Riportiamo casi – paradossali – nei quali il cliente ha accettato l’offerta di altri consulenti, che sulla base della loro notorietà hanno ottenuto compensi addirittura più elevati di quelli chiesti dal proprio commercialista.
9 Guidelines on Loan and Monitoring” (LOM) redatte dall’European Banking Autority (EBA), entrate in vigore il 30 giugno 2021, che all’art. 120 impone agli enti di “stima realistica e sostenibile del reddito e del flusso di cassa futuro del cliente”, ed indicando, all’art. 86, lett. e, “i piani aziendali supportati da proiezioni finanziarie” fra le informazioni prioritarie per le analisi del merito creditizio.
10 Oltre agli indubbi vantaggi per la gestione, sembra proprio che il novellato art. 2086 c.c. si sostanzi nella redazione di un piano d’impresa economico-finanziario, quale quadro dimostrativo dell’adozione di un adeguato assetto organizzativo.